Figlio di un barbiere del Portello, Giovanni Battista fin da giovane si sente imprigionato in un mondo troppo stretto per il suo spirito avventuriero e così abbandona città e famiglia per viaggiare. A Roma si innamora dell’archeologia, a Parigi e in Olanda approfondisce gli studi di ingegneria idraulica. Nel 1803 approda in Inghilterra ed entra nella compagnia del Sadler’s Wells Theatre, dove guadagna da vivere come Sansone Patagonico grazie alla straordinaria fisicità, alto 2 metri e 10 e alla forza erculea. Celebre è il numero di abilità fisica della “piramide umana” in cui sostiene sulle spalle ben 11 persone.
Nel 1814 durante un viaggio nel Mediterraneo viene a sapere che il pascià dell’Egitto, Mehmet Alì, era in cerca di un inventore in grado di risolvere la siccità che affliggeva il paese. Forte degli studi in idraulica, Giovanni sbarca in Egitto e presenta al pascià il suo progetto di macchina, ma il pascià non ne è entusiasta e rifiuta l’idea. Belzoni non si perde d’animo. Affascinato da un paese ancora sconosciuto come l’Egitto, nel 1816 decide di intraprendere il primo viaggio di scoperta lungo il Nilo. Seguono altri due viaggi, nel 1817 e nel 1818, qui nasce la leggenda dell’esploratore infaticabile: Belzoni si sottopone a sforzi fisici enormi, si adatta a vivere in condizioni estreme all’interno di tombe, a soffrire il caldo, la sete e la fame. Tra le varie imprese al limite dell’impossibile: trasporta il busto colossale del “giovane Memnone”, del peso di circa 7 tonnellate, da Tebe ad Alessandria e da lì a Londra, opera ritenuta impossibile da compiere al tempo; il disseppellimento del tempio roccioso di Abu Simbel; il trasporto in Inghilterra dell’obelisco di File alto 7 metri; gli scavi nel tempio di Karnak; la scoperta della tomba del faraone Seti I; il ritrovamento dell’ingresso nella piramide di Chefren, allora ritenuta priva di varchi di accesso. E ancora a lui si deve la scoperta della città di Berenice, sul Mar Rosso.
Nel 1819 torna a Padova, dove viene accolto come un eroe ma la sua fame di scoperta non si arresta. Nel 1823 parte nuovamente per l’Africa, questa volta è attratto dalle sorgenti del Niger, allora sconosciute: tutti gli esploratori che si erano addentrati lungo il corso del fiume, non avevano fatto più ritorno. E questo viaggio sarà fatale anche per lui. Muore in circostanze poco chiare, forse per avvelenamento o forse per una malattia tropicale, il 3 dicembre a Gatwo (oggi in Nigeria) a soli 45 anni.